Andreina Griseri (1925-2022) è stata una storica dell’arte di vasti interessi e di raffinata cultura. Scorrendo la lunga lista dei suoi saggi e dei suoi libri, che si apre nel 1949, un anno dopo la sua laurea, con un articolo dedicato a Carlo Francesco Beaumont, la cronologia corre dal Medioevo al Novecento. I suoi studi traggono sempre spunto dalla cultura figurativa piemontese, tra corte e territorio, tra contesti locali e aperture europee. È esemplare la ricostruzione e la lettura del panorama figurativo della corte sabauda, degli artisti e delle opere, nel volume dedicato alla pittura da lei curato in occasione della Mostra del Barocco, inaugurata a Torino nel 1963 ed è significativo che a circa vent’anni di distanza, nel 1989, una sua introduzione apra il catalogo Diana Trionfatrice, curato da Michela di Macco e Giovanni Romano. Qui i suoi Fogli di taccuino sono una bussola per orientarsi tra i temi guida del Seicento piemontese e tracciano una linea, tra continuità e differenze, con l’esperienza espositiva degli anni sessanta. Tra le due mostre si colloca il volume Le Metamorfosi del Barocco, edito da Einaudi nel 1967: uno studiato ed elegantissimo corredo iconografico accompagna la scrittura evocativa e un apparato di note fittissime, a cui ancora attingere. Accanto alle tante indagini dedicate alla capitale sabauda, dall’autunno del manierismo della corte di Carlo Emanuele I (titolo di un articolo apparso su “Paragone” nel 1961) al contesto internazionale di Filippo Juvarra, ci sono gli studi dedicati al territorio, in particolare alla provincia cuneese, suo luogo di origine. Il contesto “periferico” richiedeva l’apertura al dialogo con le altre discipline e l’indirizzo di metodo appare quanto mai attuale: “Nel caso della provincia cuneese, la parte artistica non appare certo segnata con asterischi nelle guide turistiche, o inclusa nei grand-tours ad uso dei viaggi organizzati; in realtà è piuttosto il territorio a presentarsi come protagonista: non emergono cattedrali o maestri di risonanza europea; l’opera d’arte vi è cresciuta come strettamente legata, e sarà sempre più necessario allargare il cerchio della ricerca per un lavoro che appunto includa la competenza dei tecnici del territorio indagando culture tradizioni e problemi della società contadina che poi toccano l’etnografia, la geografia, l’economia; sempre più si dovrà procedere con scambi aperti e con verifiche collaterali” (Itinerario di una provincia 1975).